Mi hanno sempre
affascinato quei paesi o città completamente abbandonati, in cui la natura ne
riprende il possesso. Città tipo Cernobyl in Russia, Hashima in Giappone o Kolmanskop
in Namibia.
Cernobyl
Hashima
Kolmanskop
Oggi, per caso, mi sono
imbattuto in un servizio di approfondimento al telegiornale che parlava di un
borgo chiamato Consonno, piccola frazione di Lecco in Brianza. Questo quasi
sconosciuto borgo ha tutte le caratteristiche, il fascino e un’incredibile
storia alle spalle alla pari delle più famose città abbandonate del mondo sopra
citate.
Il protagonista principale
della storia di questa piccola frazione di montagna è il Conte Mario Bagno, un
imprenditore milanese che nel periodo del boom economico italiano con la sua
azienda stava costruendo strade ed aeroporti su tutto il territorio nazionale. Egli aveva adocchiato Consonno come il luogo in cui costruire la sua “Las Vegas”
italiana in quanto facilmente raggiungibile da Milano. Per raggiungere questo
progetto sarebbe stato però necessario radere al suolo completamente l’antico borgo allora
esistente.
Gli abitanti inizialmente
videro di buon occhio l’arrivo di questo ambizioso ed eccentrico conte in
paese, per il semplice fatto che le opportunità di lavoro che l’antico borgo
offriva erano nulle e molti abitanti in quel periodo lo abbandonarono a causa
della crisi nel settore agricolo.
L’ottimismo dei pochi
abitanti rimasti verso questo progetto crebbe anche grazie alle prime
intenzioni dichiarate dal Conte Magno. Egli promise che, anche se le vecchie
strutture sarebbero state abbattute, Consonno avrebbe conservato le sue
caratteristiche agricole, ma contemporaneamente avrebbe avuto delle strutture finalizzate
ad un incremento delle attività turistiche.
Però non appena iniziarono
i lavori fu subito chiaro che il conte avrebbe voluto costruire una “Las Vegas”
in Brianza. Le ruspe iniziarono ad abbattere tutto quello che trovarono, le
stalle furono distrutte con ancora gli animali all'interno.
Non si fermarono nemmeno
di fronte ad ostacoli naturali, infatti una collina adiacente al cimitero fu
abbassata facendola saltare in aria con esplosivi perché limitava la visione del panorama.
Dopo qualche anno di
intensi lavori di demolizione e cementificazione del territorio, a Consonno
sorsero alberghi, ristoranti, costruzioni con richiami di diverse culture e un
albergo di lusso. Il conte non si fermò e continuò a realizzare anche
infrastrutture sportive, un luna park ed addirittura uno zoo. In progetto di
realizzazione c’era anche una pista automobilistica.
Consonno era ormai
diventato un centro divertimenti con un enorme centro commerciale, ristoranti
che ospitavano grandi personaggi della musica e dello spettacolo per serate a
tema.
Sulla strada principale
che portava al paese, per accogliere i visitatori, c’erano grandi insegne che
recitavano “A Consonno è sempre festa” oppure “Consonno è il paese più piccolo
ma il più bello al mondo”.
Tutte queste opere però
intaccarono in modo significativo l’equilibrio geologico del territorio. Una prima
avvisaglia ci fu nel 1967 durante i lavori, le abbondanti piogge crearono una
frana che invase la strada che portava a Consonno. Il danno fu subito riparato
dal conte nel giro di qualche settimana.
Nel 1976 una seconda frana
ancor più devastante distrusse la stessa strada isolandola dal resto del mondo e decretandone la fine… il Conte Bagno in 5 anni
riparò la strada riaprendola nell’81 cercando di rilanciare il paese, ma i
turisti non tornarono più e anche gli abitanti iniziarono ad andarsene.
Tutte le strutture
iniziarono ad essere abbandonate e nel '95 il Conte Bogno morì all'età di 94
anni.
Per anni Consonno divenne
un luogo malfamato dove pochi abitanti si ritrovarono a fare i conti con
giovani alle prese con alcol e droga.
L’atto finale della storia
di Consonno si ebbe durante un rave party organizzato nel 2007. In quelle
giornate molte strutture furono ulteriormente danneggiate, rese pericolanti ed
imbrattate da graffiti.
Oggi Consonno si presenta
come un paese fantasma, completamente abbandonato. Le strade che portano ad esso
sono state chiuse da sbarre, molti degli edifici sono stati dichiarati
pericolanti e quindi non è consentito l’accesso al paese per motivi di
sicurezza.
Adesso è facile sparare a
zero su questo visionario ed eccentrico conte marcando il riscatto che la
natura ha preso nei confronti della cementificazione dell’uomo.
Ma comunque bisogna dargli
atto che in quella decina di anni ('66-'78) il conte è riuscito nel suo intento
di creare la “Disneyland lombarda” il “paese dei balocchi all’italiana”.
E una domanda mi nasce
spontanea…:
se non ci fosse stata
quella frana che chiuse la via di accesso principale di questo piccolo paese avremmo
avuto anche qui in Italia ancor oggi la nostra piccola Las Vegas brianzola?
Un saluto, alla prossima
da Un cittadino qualsiasi. :-)
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