Il prezzo del petrolio continua a scendere: i 3 veri motivi.

Non sono passati molti anni da quando il petrolio ha raggiunto il suo prezzo di picco: è stato il 2008 l’anno in cui il costo dell’oro nero raggiunse i 147 dollari al barile.


Naturalmente i primi ad accorgersi di questo aumento continuo e apparentemente inarrestabile del greggio fummo noi cittadini: in quel periodo, la benzina alla colonnina sfiorò per un pelo la soglia
psicologica di 2 euro a litro e ogni 2 mesi ci furono continui aumenti di punti percentuali di corrente elettrica e gas nelle nostre case. 

In apparenza sembrava che avessimo imboccato una strada senza ritorno. Ci facevano credere che i giacimenti di petrolio stavano, oramai, quasi per finire e, a peggiorare la situazione, c’era la domanda di energia che continuava a crescere in maniera esponenziale grazie all'espansione economica dei Paesi asiatici.

Dopo il picco del 2008, in realtà il prezzo al barile è rimasto stabile per 5 anni intorno ai 100/110 dollari. Poi, in modo inspiegabile e improvviso, nel secondo semestre del 2014 il prezzo del greggio ha cominciato a scendere e a scendere sempre di più… fino ad ora: nell'aprile 2016 siamo a 30 dollari! 

Allora un cittadino qualsiasi come me si chiede: ma i giacimenti di petrolio non stavano per esaurirsi? Quali possono essere mai stati i motivi per cui si è passati da 147 a 30 dollari al barile? È, per caso, sprofondata la foresta Amazzonica, accelerando un processo di milioni di anni e trasformando le foreste in petrolio? 

Andando ad analizzare la questione, si intuisce che il prezzo del petrolio non dipende solo dal punto di incontro tra domanda e offerta. I fattori da considerare sono molteplici: ci sono le speculazioni mediante lo strumento dei derivati finanziari e le manovre geopolitiche, più o meno occulte. 

Ma andiamo a vedere questo mix di motivazioni che hanno indotto gli sceicchi sauditi ad abbassare il prezzo del petrolio: 



-Colpire l’Iran e la Russia di Putin 
È intenzione dell'Arabia Saudita (condivisa dagli Stati Uniti) colpire economicamente l'Iran e la Russia. Sarebbe in corso, dunque, una vera e propria guerra commerciale, combattuta con l'arma del petrolio. Dal petrolio, infatti, deriva il 60% delle entrate di Teheran e il 46% di quelle di Mosca. 
Si capisce subito, quindi, quanto sia strategico il petrolio (e il suo prezzo) per questi due Paesi. Ma è mai possibile che per colpire Iran e Russia si metta in moto un meccanismo così perverso che va a incidere in modo pesante sulle economie di tutto il mondo? Diciamo che non sarebbe la prima volta: nel lontano 1985-1986, infatti, l'Arabia Saudita abbassò il prezzo del greggio di quasi 4 volte, aumentando al contempo la produzione di 5 volte. Gli sceicchi non morirono di fame - anche se ci rimisero qualcosa, ma l'Unione sovietica finì in ginocchio. 
La leva del prezzo del petrolio, unita alle sanzioni economiche, potrebbero infliggere un colpo durissimo alla Russia di Putin. ù

-La nuova tecnica dell’estrazione fraking. 
Detta anche "tecnica della fratturazione idraulica", è stata messa a punto da Canada e Stati Uniti: consiste nel perforare il terreno fino a raggiungere le rocce che contengono i giacimenti di gas naturale e, successivamente, iniettare un getto ad alta pressione di acqua mista a sabbia per provocare l’emersione in superficie del gas.


L’industria del fracking ha prodotto i propri investimenti sulla base della previsione che il petrolio sarebbe rimasto in un range tra $70-$130 al barile. Sono stati spesi più di $5,000 miliardi per l’esplorazione e lo sviluppo, in gran parte in Canada e negli Stati Uniti. Ciò ha prodotto una marea di petrolio, che ha ridotto la quota di mercato dei produttori dell’Opec. 
L’Arabia Saudita stava perdendo terreno sia rispetto ai concorrenti dell’Opec sia rispetto ai fracker. Quindi la decisione di abbassare il prezzo dei sauditi ha messo in difficoltà tutti i produttori di greggio: il cartello dell’Opec, le maggiori compagnie americane e i produttori di shale oil, i cosiddetti frackers. 

-La crisi economica. 
L’eccesso di offerta della materia prima, il rallentamento dell’economia mondiale e il valore del dollaro hanno determinato la diminuzione del prezzo del greggio, che è stata speculare alla impennata della valuta americana. Poiché il petrolio è quotato in questa valuta, i Paesi di altre aree monetarie, per acquistarlo, devono prima comprare dollari che, rincarando, aumentano il prezzo del greggio in termini di euro, yen o rubli. Aumentando il prezzo, la domanda cala, i produttori hanno un surplus e per ridurlo devono tagliare il prezzo. 
In tempi di ristagno economico dovrebbero pertanto ridurre la produzione. Ma questo non avviene, anzi la produzione del greggio è aumentata e continuerà a aumentare nonostante la recessione. Per quale motivo? Perché l’Arabia Saudita vuole eliminare i produttori di shale oil e riguadagnare le quote di mercato perdute. 


Insomma, tirando le somme, all’orizzonte non si vede ancora un domani in cui possiamo fare a meno del petrolio. Nel frattempo, il nostro futuro sul pianeta è nelle mani di questi capricciosi sceicchi, che, se si alzano la mattina e si sentono minacciati dai Russi o da ’sti franking, sono capaci di influire sulla vita di miliardi di persone nel mondo per difendere i propri interessi personali.

Un saluto, alla prossima da Un cittadino qualsiasi. :-)

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