Il 17 aprile gli italiani saranno chiamati a votare il
cosiddetto “referendum sulle trivelle”. La domanda che verrà posta ai cittadini
è se gli impianti petroliferi entro le 12 miglia marine (20 km circa) potranno
continuare ad estrarre idrocarburi fino all'esaurimento del giacimento, come
avviene attualmente, oppure al termine della concessione verrà loro negata la
proroga. Per dare validità al referendum, dovrà recarsi alle urne il 50% più 1
dei soggetti con diritto di voto.
Quindi, ricapitolando, in caso di vittoria del si, le piattaforme situate entro 12 miglia dalla costa, al termine delle concessioni, dovranno essere smantellate. Non cambierà nulla invece per le perforazioni che avvengono a terra o oltre le 12 miglia.
A tal proposito bisogna sottolineare che, votando no o in caso di non
raggiungimento del quorum, non significa che
verranno costruite o rilasciate altre concessioni per nuove piattaforme (già proibite per legge): il referendum riguarda solo ed esclusivamente gli impianti già in funzione.
verranno costruite o rilasciate altre concessioni per nuove piattaforme (già proibite per legge): il referendum riguarda solo ed esclusivamente gli impianti già in funzione.
Per capire le conseguenze che avrebbe un’eventuale vittoria del si, bisogna che
vi spieghi prima come funzionano le concessioni. Questi permessi, che lo Stato
rilascia alle compagnie, hanno una durata iniziale di tre anni, prorogabile una
seconda volta per dieci, una terza per cinque ed un’ultima per altri cinque,
per un totale di 23 anni. Attualmente gli impianti italiani in funzione sono
135, di cui 92, più del 70%, entro le 12 miglia marine e, quindi, a rischio
chiusura. I primi effetti si avranno tra due anni, alla scadenza della prima
concessione, via via fino al 2034 che vedrà la chiusura dell’ultimo impianto.
Si calcola che tutto questo si trasformerà in una perdita di
30.000 posti di lavoro, vedrà ridotta drasticamente l’indipendenza energetica
del nostro Paese, costretto ad aumentare le importazioni da altri Stati, tra
cui Egitto e Libia (che estraggono nello stesso Mediterraneo). Per non parlare
del danno economico di svariati miliardi e perdita di percentuali di PIL.
Quindi, secondo il mio modesto parere, questo referendum è piuttosto inutile,
anzi dannoso in caso di vittoria del si per il nostro Paese perché non riguarda
la possibilità di negare l’apertura di nuovi impianti di estrazione (ribadisco,
già proibito per legge), ma costringe gli impianti già esistenti alla chiusura.
Ho invece l’impressione che abbia come unico scopo quello di indebolire
l’attuale governo e di conseguenza, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi,
non tenendo conto del danno che può fare al nostro Paese, già molto debole da
questo punto di vista essendo importatore di energia all’estero per il 75% del
suo fabbisogno energetico nazionale annuo.
Un saluto, alla prossima da Un cittadino qualsiasi. :-)
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