Oggi, per puro caso, mi sono
imbattuto in una notizia che mi ha lasciato una profonda angoscia: lo Stato non
riconosce la morte per causa di servizio e nemmeno la pensione maturata alla
vedova di un militare, Gianluca Danise, morto lo scorso 22 dicembre di cancro a
causa di un’eccessiva esposizione all'uranio impoverito durante una missione in Kosovo.
Gianluca, incursore primo maresciallo dell’Aeronautica Militare,
è solo l’ultimo di una lunga serie di militari morti, per la precisione il
321esimo, a causa dello stretto contatto con questa arma di distruzione di
massa non convenzionale.

La storia di Gianluca è particolare: veterano dell’Aeronautica,
ha partecipato a decine di missioni all'estero, ed è stato diretto testimone
dell’attentato di Nassirya il 12 novembre 2013 che causò la morte di 50
persone, tra cui 25 italiani. Fu lui, in prima persona, a cercare di ricomporre
i corpi dilaniati dei compagni di missione, per poterli restituire alle
famiglie, lavorando in condizioni inimmaginabili, a 40 gradi all'ombra.
Di origini napoletane, scoprì la malattia di ritorno da una
seconda missione in Afghanistan nel 2010; dopo massicce terapie di chemio sembrò
guarito, per poi avere una ricaduta lo scorso anno. Questa volta però la
diagnosi non lasciò margini di speranza, ebbe metastasi che raggiunsero le
ossa. Morì a 43 anni lasciando moglie e figlia di appena un anno.
Le sue ultime volontà sono state di essere posto nel feretro
in divisa militare avvolto dalla bandiera italiana.
Di tutta risposta, le istituzioni non riconoscono attualmente
al militare la pensione che ha maturato negli anni di servizio; la moglie, di
conseguenza, non ha diritto alla pensione di reversibilità e versa in gravi
difficoltà economiche con una bambina di appena un anno.
"Ho paura di morire e
non poter dare un futuro a mia moglie e mia figlia. Ho paura di morire prima di
aver sistemato la maledetta burocrazia militare e civile"
Scriveva questo sul suo diario online che creò per
raccontare al mondo il suo calvario.
Inoltre, le morti per
cause di servizio legate all'uranio impoverito, attualmente non vengono
riconosciute a questi militari, per la difficoltà di dimostrare il nesso tra
tumore ed esposizione all'elemento radioattivo.
Chiudo questo post con un appello alle istituzioni italiane,
affinché riconoscano tutto ciò che è loro dovuto ai militari morti per servire
il nostro Paese, uomini come Gianluca Denise che, nonostante tutto, fino
all'ultimo respiro, sono andati fieri della divisa che indossavano e del Paese
che servivano.
Cliccate qui per vedere il video della sua ultima
intervista all’Huffingtonpost.
Saluti, alla prossima da Un cittadino qualsiasi. :-)
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